Perché “Barikada”?

Perché “barikada”?

Volevamo creare un luogo profondamente antifascista, che idealmente si collega alle lotte operaie che hanno visto il rione sempre in prima linea, già in passato culminate nelle barricate di San Giacomo del 1920.


All’epoca, la crescente aggressività dello squadrismo fascista, sostenuto dagli industriali, portò gli oppositori del fascismo a raccogliersi soprattutto nella classe operaia, inizialmente di orientamento socialista e, dopo il Congresso di Livorno del 1921, prevalentemente comunista.


Si scioperò in memoria dell’assassinio di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg e in difesa della Repubblica dei Consigli ungherese e della Russia dei Soviet. Tra il maggio 1919 e il settembre 1920, gli operai metallurgici guidarono grandi scioperi, ottenendo importanti conquiste e coinvolgendo altre categorie lavorative. In questo periodo rifiorirono anche i circoli giovanili e culturali.


Uno degli episodi più drammatici dello squadrismo fascista fu l’incendio del Narodni Dom il 13 luglio 1920. Questo edificio, simbolo della comunità slovena, venne assaltato e dato alle fiamme dalle squadre fasciste. Durante l’attacco, un farmacista morì nel tentativo disperato di salvarsi, lanciandosi da una finestra. Lo stesso destino toccò a circoli operai, tipografie socialiste e comuniste, sedi sindacali e cooperative, tutte incendiate nella violenta offensiva contro il movimento operaio.


Poco dopo, il 9 settembre 1920, nel quartiere operaio di San Giacomo, scoppiarono violenti scontri: gli abitanti eressero barricate nelle strade e si trovarono a fronteggiare le forze dell’ordine, supportate dall’esercito italiano e dai fascisti.


Nel frattempo, la città era coinvolta anche in eventi internazionali. La Russia sovietica, assediata dalle armate bianche, ricevette il sostegno della classe operaia triestina: navi e treni carichi di mitragliatrici e carri armati, destinati a una spedizione militare italiana nel Caucaso, furono bloccati per settimane nel porto di Trieste.


Oggi come allora, di fronte a un’Italia che sprofonda nella guerra, nella riduzione degli spazi di democrazia e nella deriva reazionaria della politica, la Resistenza passa dal recupero della tradizione popolare e di lotta. Solo attraverso il riconoscersi e l’unirsi collettivamente si può immaginare il superamento della società capitalistica contemporanea.


Con la Palestina sempre nel cuore!

1 commento su “Perché “Barikada”?”

  1. stojan spetic

    Altre barricate furono erette dai lavoratori e dai giovani triestini nella giornata del 8 ottobre 1966, quando il Governo decise di chiudere lo storico cantiere navale San Marco di Trieste. La Camera del lavoro proclamo uno sciopero generale di protesta, il PCI triestino affisse in città manifesti “Trieste insorga”. E così fu. Il corteo dei lavoratori e studenti venne aggredito dal III Celere, mandato appositamente da Padova. Ci furono scontri che durarono praticamente tutto il giorno. Il campo di battaglia fu Barriera vecchia, mentre nelle vie che portavano verso il rione operaio di San Giacomo vennero erette barricate che impedirono alla polizia di passare.
    Vi furono episodi incredibili come quello dell’autista di un filobus che stava scendendo da Viale D’Annunzio verso il centro. All’imbocco di Barriera vecchia l’autista fece scendere i passeggeri, bloccò lo sterzo e, dopo aver avviato il veicolo, ne scese lasciandolo correre verso lo schieramento dei celerini che dovettero scostarsi fuggendo a gambe levate. Il filobus terminò la sua corsa contro un negozio.
    Alcune centinaia di manifestanti, perlopiù giovani, vennero fermati e passarono la notte negli scantinati della Questura o nel carcere di Coroneo.
    Vi fu anche una grave provocazione quando “sconosciuti” devastarono la sede delle ACLI a San Giacomo. Il fatto venne stigmatizzato e condannato da tutti, ma servì al potere che indicò nei manifestanti i responsabili dell’atto vandalico.
    Solo alcuni decenni più tardi si seppe che ad agire furono membri della struttura clandestina di “Gladio” che aveva Trieste nel mirino da anni e che stava attuando il suo piano “Delfino” per impedire la saldatura tra classe operaia triestina e la popolazione slovena del circondario. Era infatti l’alleanza vincente che consentì la liberazione della città dal giogo nazista nel maggio 1945.
    Forse sarà solo una coincidenza, ma nel dopoguerra a Trieste furono chiuse tutte le fabbriche in cui si formarono i battaglioni di Unità operaia che insorsero ed assieme ai partigiani della IV Armata e del IX Korpus liberarono la città.

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